27 Settembre 2017
Recensione di Le Alpi: dalla riscoperta alla conquista. Scienziati, alpinisti e 1’Accademia delle Scienze di Torino nell’Ottocento a cura di Alberto Conte, Bologna, Il Mulino, 2014 pp. 304. Di Elena Zanoni. Tratto da Archivio Storico Ticinese n.158.
Il volume deriva dalla giornata di studi tenutasi il 21 novembre 2013 all’Accademia delle Scienze di Torino sul tema «Scienziati, alpinisti e l’Accademia delle Scienze nell’Ottocento». Sebbene l’Accademia resti essenzialmente sullo sfondo, esso raccoglie interessanti e documentati contributi che mostrano l’evolversi del ruolo delle Alpi nel corso dei secoli soffermando in particolare l’attenzione sull’intensa attività di esplorazione e conoscenza di cui furono oggetto nel corso del XIX secolo.
Il capitolo di apertura della prima sezione dedicata a II ruolo delle Alpi nella storia, firmato da Luigi Zanzi, ripercorre l’alterna fortuna della catena alpina nel corso dei secoli. Fondamentale nell’approccio dell’autore la dimensione «ecostorica» che vede le Alpi come un «complesso ambientale» unitario (p. 28) e che evidenzia l’esistenza di un «mondo alpino» di cui deve essere preservata l’integrità e che deve essere studiato nella sua interezza al fine di inquadrare adeguatamente il ruolo e l’importanza delle Alpi nel loro rapporto con l’Europa.
Il contributo di Umberto Levra parte dall’affermarsi, nella seconda metà dell’Ottocento, della visione delle Alpi come confine del nuovo Stato recentemente unificato e, dunque, come fattore identitario e «mezzo di pedagogia patriottica» (p. 38). L’obiettivo dell’autore è quello di mettere in luce il passaggio, avvenuto tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, da un fenomeno alpinistico essenzialmente elitario a una pratica escursionistica diffusa, che sola poteva rendere la montagna realmente «popolare» (p. 41) e che vide svilupparsi una competizione tra le diverse forme di associazionismo in campo, in primo luogo borghese e cattolico.
Partendo da un’analisi dei più recenti contributi sull’argomento, il saggio di Alessandro Pastore su Le Alpi come scuola per la nazione mette in luce «la relazione stretta e biunivoca fra alpinismo, scienza ed élites sociali» (p. 53). Con particolare riguardo verso gli studi geologici e di fisiologia umana, l’autore mostra l’intreccio tra un idea di montagna come «laboratorio en plein air» e la passione alpinistica che nell Ottocento spinse alla conquista delle maggiori vette, il tutto in quell ottica di «educazione nazionale» (p. 60) che animò le élites della Nuova Italia.
Il contributo di Paola Sereno apre la seconda sezione del volume dedicata al rapporto Tra scienza e alpinismo. Partendo dalla tesi di Bernard Debarbieux che vede nelle Alpi «un dispositivo logico privilegiato per interrogarsi sulla geografia generale del mondo» (pp. 73-74), l’autrice focalizza la propria attenzione sull’Ottocento. Soffermandosi in particolare sulle figure del fondatore del Circolo Geografico Italiano Celestino Peroglio e del geografo Guido Cora, Sereno mostra come nel corso di questo secolo le Alpi fossero un luogo privilegiato del fieldwork geografico e come, allo stesso tempo, la conoscenza geografica non si costruisse solo sul terreno, ma anche mediante la creazione di strutture di ricerca come osservatori e laboratori.
Il saggio di Mattia Sella concentra interamente l’attenzione sul rapporto tra alpinismo e scienza, mettendo in luce nel dettaglio i contributi offerti dagli scienziati-alpinisti – in larga parte membri dell’Accademia delle Scienze di Torino – alla misurazione dell’altezza delle montagne, alla conoscenza della loro origine geologica e allo sviluppo della glaciologia. L’articolo, dunque, ripercorre i contributi offerti in campo scientifico dall’alpinismo dalle sue origini fino alla nascita di osservatori e laboratori d’alta quota.
Annibaie Salsa tratta di Sella e le origini del Club Alpino Italiano mettendo ulteriormente a fuoco lo stretto rapporto tra alpinismo e Scienze della Terra, fortemente sostenuto dall’Accademia, e su quell’orizzonte politico risorgimentale che fece delle Alpi una «metafora dell’orgoglio nazionale» e il «luogo di concepimento» del futuro Club Alpino Italiano (pp. 141-142).
Il lungo saggio di Pietro Crivellaro ricostruisce nei particolari l’interessante storia de La scoperta del Monte Bianco mostrando con chiarezza l’infondatezza della cosiddetta «leggenda Balmat» che ha fatto a lungo di Horace-Bénédict de Saussure il primo conquistatore di una cima da sempre ritenuta inaccessibile e ripristinando i meriti del medico di Chamonix Michel Gabriel Paccard, che un anno prima dello scienziato ginevrino riuscì a toccare la vetta più alta d Europa.
Ugo De la Pierre concentra invece la propria attenzione sul Monte Rosa e su alcuni studiosi alpinisti che nel corso dell’Ottocento offrirono contributi fondamentali per l’esplorazione e la conoscenza scientifica del massiccio. In particolare, il mercante di stoffe alpinista Joseph Zumstein. i cui racconti di viaggio contribuirono a far conoscere il Monte Rosa a alpinisti e turisti; il colonello austriaco Franz Ludwig von Welden, autore del primo studio completo e scientificamente valido ad esso relativo; e i fratelli Adolph e Hermann Schla- gintweit, che nel 1854 diedero alle stampe la carta geografica del Monte Rosa.
Il volume si chiude con un altro lungo saggio di Giorgio Vittorio Dal Piaz, il quale ricostruisce in modo avvincente la gara per la conquista del Cervino – altra vetta a lungo ritenuta irraggiungibile — tra l’irlandese John Tyndall, l’inglese Edward Whymper e il valdostano Jean-Antoine Carrel, fortemente sostenuto da Felice Giordano e Quintino Sella. In questo modo, Dal Piaz chiama nuovamente in campo le finalità, non solo scientifiche, ma anche politiche e patriottiche del CAI delle origini, volto a «non lasciare agli stranieri la vetta più bella e ambita delle Alpi» (p. 262). Inoltre, l’autore mette in luce i contributi offerti da Giordano e Heinrich Gerlach alla conoscenza della geologia e della stratigrafia del Cervino.
Nel complesso, il volume, avvalendosi dell’apporto di esperti di discipline differenti, ricostruisce in maniera ricca e dettagliata alcuni momenti essenziali del processo di riscoperta e conquista di cui furono protagoniste le Alpi nel corso dell’Ottocento; processo animato da un insieme di interessi culturali, scientifici e patriottico-pedagogici. Esso offre un interessante contributo in primo luogo a quel filone di studi che indaga il rapporto tra l’uomo e le Alpi focalizzando in particolare l’attenzione sull’importanza che queste montagne hanno rivestito per lo sviluppo della scienza e per la costruzione di un’identità nazionale; filone che, da sempre in primo piano nella storiografia relativa all’alpinismo e al Club Alpino Italiano, negli ultimi quindici anni ha suscitato nuovo e proficuo interesse. Allo stesso tempo, sebbene, come premesso, essa resti essenzialmente sullo sfondo, il volume cerca di mettere a fuoco l’attenzione dell’Accademia delle Scienze di forino verso la conoscenza del mondo alpino offrendo così spunti preziosi per l’approfondimento dello studio di questo importante polo culturale. (Elena Zanoni)