Oltre dieci anni fa Ardito Desio concludeva a 104 anni la sua lunghissima esistenza, ricca di esperienze e di successi, una vita straordinaria nella quale la ricerca scientifica e la didattica universitaria hanno occupato un posto sicuramente di primo piano. Friulano, classe 1897, naturalista, geologo, esploratore, scrittore, una figura non incasellabile in una definizione precostituita, Desio fece della montagna la sua palestra privilegiata; sviluppò infatti e portò ai massimi livelli quel connubio fra scienza e alpinismo che attraverso figure eminenti come De Saussure, Tyndall, Stoppani, Suess, Ampferer, Penck (solo per ricordarne alcuni), aveva gettato le basi delle moderne concezioni scientifiche nel campo delle scienze della Terra. È chiaro che in questo quadro anche il Club Alpino Italiano, che come ricordava il suo fondatore Quintino Sella aveva come obiettivo “la conoscenza e lo studio delle montagne”, doveva assumere un posto privilegiato nella vita di Ardito Desio. Del resto la passione per le cime lo contagia sin da giovanissimo, unita immediatamente all’interesse e alla curiosità di capire meglio i processi naturali che hanno generato quel paesaggio articolato che chiude l’orizzonte della pianura friulana.
Dopo la laurea in scienze naturali a Firenze nel 1920, iniziano le sue peregrinazioni scientifiche nelle isole greche, in Libia e soprattutto sulle montagne alpine, fino alla prima grande esperienza del Karakorum del 1929, dove avverrà il primo incontro con la gigantesca piramide di ghiaccio e roccia del K2. Dopo l’apprendistato presso la Società Alpina Friulana, sulla cui rivista In alto, pubblica articoli e rendiconti delle sue iniziali attività, nel 1931 Desio fonda il Comitato Scientifico del Club Alpino Italiano di cui fu primo presidente fino al 1945. Il Comitato doveva rispondere alle finalità di divulgazione scientifica del Club Alpino Italiano, ma anche contribuire alla raccolta di dati sperimentali soprattutto nelle aree di alta montagna, dove solo l’alpinista può operare senza problemi, senza escludere la progettazione e realizzazione di ricerche scientifiche vere e proprie. Vengono fondati Comitati Scientifici Sezionali, come quelli di Varallo Sesia, Mondovì, Trieste, Firenze, vengono create Commissioni Centrali, dedicate a specifici settori (toponomastica, neve e valanghe, grotte, ghiacciai), che operano in stretta collaborazione con vari enti nazionali. La divulgazione trova sicuramente il suo momento più riuscito nel Manualetto di Istruzioni Scientifiche per Alpinisti, ideato da Desio e pubblicato nel 1934 a cura di Renato Toniolo (Desio era infatti impegnato nelle ricerche geologiche in Libia).
È tuttavia la spedizione al K2 nel 1954 che oltre a dare a Desio fama e prestigio, gli arreca le gioie più grandi e probabilmente anche le più grandi amarezze e delusioni. Al di là delle polemiche e delle tensioni che si produssero anche nell’ambito del Club Alpino Italiano dopo la vittoriosa scalata della seconda cima della Terra (ma certamente la prima per fascino, eleganza e difficoltà), forse non a tutti è noto che Desio passò altri due mesi sui ghiacciai del Karakorum per compiere rilievi e osservazioni in campo geografico, geologico, geofisico, zoologico, botanico, etnografico. Altri decenni di ricerca e di montagna attendevano Desio, che novantenne si fa ancora coinvolgere nelle missioni scientifiche sulle montagne più alte della Terra, fino alla realizzazione nel 1990 del Laboratorio Piramide ai piedi dell’Everest. Il suo messaggio per chi nell’ambito del Club Alpino Italiano si dedica alla divulgazione scientifica è sicuramente ancora valido ed attuale. Chi si sente attratto allo stesso modo dal fascino del paesaggio delle montagne e dall’esplorazione infinita della natura e di se stessi, può comprendere a fondo le parole di Desio per la prima volta al cospetto del K2: “Quando risalii per la prima volta il ghiacciaio Baltoro e mi affacciai alla valle che scende dal K2, rimasi affascinato dallo splendore di quella montagna che si ergeva isolata sullo sfondo del cielo con le sue immani pareti incrostate di ghiacci…: non sentivo quasi più la fatica, affascinato com’ero dalla bellezza del paesaggio e dall’interesse dell’esplorazione geologica…“.
Claudio Smiraglia Dipartimento di Scienze della Terra “Ardito Desio” Università degli Studi di Milano già Presidente del Comitato Scientifico Centrale del Club Alpino Italiano
Tratto da: 150 anni di cammino del Club Alpino Italiano a cura di Ugo Scortegagna.